Verona manifesta

La testa del corteo me la son persa. Così mi son persa pure gli spaccavetrine-sfondacordoni che, anche questa volta, hanno dato l’opportunità alla stampa di calcare la mano sui danni anziché sulla bellezza di questo corteo.
Grazie, scemi.
Perchè anche questa volta la brava gente potrà dire “i fa solo casìn” invece di avere la mente sgombra per chiedersi perchè tutte quelle persone marciavano nelle strade.
Ritengo che il nome di Nicola Tommasoli sia stato anche usato: uno strumento per una manifestazione che aveva molto più a che fare con la protesta politica (detto più tera tera: per fargli il mazzo al sindaco) che con il suo ricordo, ma ho visto gente piangere durante il minuto di silenzio vicino a Porta Leona, ho sentito persone parlare con il cuore di ciò che è avvenuto quel primo maggio che sembra mille anni fa, ho sorriso vedendo “i cattivi” della Chimica fare cordone intorno agli spaccavetrine per impedire loro di fare altri danni. E quanto mme rode che adesso, a causa di quei quattro blecbloc-anarcoisurrezionalsarcazzo, la stampa liberaebella possa avere un buon pretesto per non raccontare tutto il resto.
Perchè era gente bella quella con cui ho camminato sabato pomeriggio, perchè era gente sorridente che non aveva paura o che, almeno, vuole fare in modo di averne meno.
E c’era la Sarìn che incontro ogni volta. Non ci vediamo spesso ma, se voglio sapere come sta, mi basta andare alla Festa in Rosso, al concerto degli Yo Yo Mundi o al corteo antifascista e so che la troverò e ci aggiorneremo sulle nostre vite.
E Antonio sul furgone, che litiga con le cordìne del cartello che gli ho chiesto di attaccare ma senza perdere un solo cliente del bar in movimento. Perché a essere professionali in certe occasioni ci vuole classe.
La Laurella, la nostra occasione mancata di un sindaco differente, con il suo ombrello rosso (perché poteva piovere ma non l’ha fatto, il diluvio c’è stato solo alle dieci di sera).
E c’era la “sorellaunpo’piùpiccola” di una vecchia amica del liceo che mi riconosce e mi dice che son sempre stata il suo mito perché la facevo tanto ridere e mi fa rivedere alcuni anni della mia vita in modo diverso e quasi mi convinco che ne è valsa la pena.
E mi presenta Linda che sembrava ci conoscessimo da anni e ci siam ritrovate a parlare con un ragazzo marocchino che racconta che qui va male, malissimo, ma non se la sente di tornare senza nulla in mano e vuole restare e riprovare ma è difficile.
Quando la piazza si svuota restiamo ancora a parlare con lui ed un altro, tunisino, che si chiede, ma con una discreta ironia, che senso abbia per uno che vive da 22 anni in Italia sentirsi dire che, se non ha un lavoro fisso, se ne può andare. San Precario dei Tunisini.
Anche regalare qualche soldo può essere difficile, per paura di offendere, di ferire un senso di dignità già messo alla prova, ma c’è chi sa farlo nel modo giusto. Non io, non ci ho nemmeno pensato, ma una persona più pronta di me a fidarsi, a voler bene, ad accogliere.
In piazza, nel pomeriggio, c’era anche una copia di vecchi signori, lui con la giacca marrone, lei con lo chignon di capelli grigi, la bandiera della pace sulle spalle ed un sorriso incantevole, e c’era la Chiara che, guardandoli, diceva sottovoce al moroso “pensa che bello, invecchiare così, andare insieme ai cortei anche a settant’anni…”
Questa non sogna di invecchiare con lui nella bella casa in montagna. Questa sogna di invecchiare con lui per andare insieme ai cortei.
E poi dicono che scendere in piazza non serve a niente…

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